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Continua la discriminazione linguistica dell’anagrafe francese contro i nomi bretoni

Nel gennaio 2018 abbiamo parlato di come l’anagrafe francese rifiutasse i nomi tradizionali bretoni come Derc’hen o Fañch e invece accettasse quelli, altrettanto originali ed esotici, polinesiani e africani come N’néné o Tu’iuvea. Il motivo del rifiuto è nella presenza nei nomi degli apostrofi e della tilde sulla lettera enne ma l’arbitrarietà e l’asimmetricità del provvedimento tra nomi bretoni e d’oltremare lascia l’opinione pubblica bretone alquanto basita.
Il mondo dei partiti bretoni e delle associazioni culturali e linguistiche ha seguito vari casi specifici e ha dato supporto legale ed economico alle famiglie colpite da questa discriminazione linguistica. In particolare l’associazione Skoazell Vreizh (soccorso bretone) si è occupata del caso del piccolo Fañch, trasformandolo nel caso-bandiera di questa vicenda.

Secondo le norme dello Stato i nomi devono essere scritti in Francese, Lingua che non prevede la tilde. Tra ricorsi e procedimenti giuridici di vario tipo per ora le famiglie e le associazioni non sono riuscite a spuntarla. Sì è fatto appello persino a leggi del 1500 che prevedevano l’uso della tilde nella Lingua francese ma la risposta del ministro competente ha addirittura specificato la differenza tra l’uso diacritico – ammesso – e abbreviativo, non ammesso.

Nel fabbraio 2018 alcuni eletti nella Regione Bretagna e alcuni responsabili di associazioni culturali trai quali il presidente della confederazione culturale Kevre Breizh (Tangi Louarn), il vicepresidente della Regione Bretagna (Jean-Michel Le Boulanger), il presidente del Consiglio Culturale bretone (Bernez Rouz) hanno scritto a Nicole Belloubet, ministra della Giustizia francese, chiedendo la scrittura di una apposita circolare che ribadisca che la scelta del nome di neonato spetta ai genitori.

Nel testo della missiva si spiega che l’unità della Repubblica francese non è veramente minacciata dai nomi bretoni e si denunciano le modalità di applicazione della circolare che vieta l’uso di nomi di fantasia o di prodotti come le autovetture ma che è stata applicata solo per i nomi bretoni. “Non si capisce perché un segno diacritico potrebbe danneggiare l’interesse dei neonati, queste restrizioni vanno oltre il dettato della legge”, spiegano gli attivisti, “e chiediamo il perché sia concesso l’uso del nome inglese William che non utilizza caratteri francesi”.

 

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