Dopo il primo turno delle elezioni politiche còrse nel quale le forze indipendentiste e autonomiste hanno avuto il 52% dei voti ci si chiedeva se lo Stato francese avrebbe potuto continuare a ignorare le richieste di dialogo avanzate dalle istituzioni còrse sui temi caldi della vittoriosa campagna elettorale come la co-ufficialità della Lingua còrsa rispetto al Francese, lo status di residenza per combattere la spoliazione immobiliare e l’amnistia per i prigionieri e i ricercati politici.
Oggi, alla luce di una spettacolare manifestazione popolare che sabato 3 febbraio 2018 ha riempito le strade della capitale Aiaccio portando in strada tra le 15mila e le 20mila persone, continuiamo a porci questa domanda retorica, non solo perché la Prefettura ha già provveduto a quantificare le presenze in 6mila persone, ma anche perché tra la manifestazione di sabato e il primo turno delle elezioni si sono prodotti due altri passaggi fondamentali: il secondo turno delle elezioni del 10 dicembre 2017 nel quale gli elettori còrsi hanno premiato la coalizione di governo con il 56,46% dei voti e il rifiuto del gennaio 2018 da parte del governo francese di un qualsiasi tipo di dialogo istituzionale tra Francia e Corsica.
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Per capire la portata realmente storica dei risultati del secondo turno delle elezioni còrse di dicembre basta notare che le scelte politiche e le strategie delle forze nazionali in tredici anni hanno portato l’area dal 17 al 56,4% causando l’irrimediabile fine dei vecchi volti della politica clientelistica locale, la sparizione di tutte le sinistre unioniste dall’Assemblea nonché l’annientamento del Front National che dalle due cifre percentuali si è fermato a poco più del 3% dei voti senza quindi poter accedere al secondo turno.
La posizione di chiusura da parte dello Stato macronista ha spinto i rappresentanti istituzionali còrsi a proporre un’iniziativa di mobilitazione popolare per dimostrare allo Stato l’appoggio di cui gode il governo nazionale còrso. A poche ore dall’arrivo in Corsica del presidente Macron le forze nazionali còrse hanno dato un segnale chiaro, sia popolare che istituzionale. La manifestazione di Aiaccio è stata infatti preceduta da un voto in notturna dell’Assemblea còrsa che ha approvato, dopo alcuni emendamenti, una risoluzione politica presentata dai presidenti Simeoni e Talamoni nella quale si chiede allo Stato un dialogo senza preclusioni sulla scrittura di uno Statuto di autonomia, sull’inserimento della Corsica nella Costituzione francese, sul riavvicinamento in Corsica dei prigionieri politici e sulla definizione di un’amnistia che regoli definitamente la questione còrsa.
Il Presidente Gilles Simeoni si dice “allibito” dai numeri sulla partecipazione alla manifestazione diffusi dalla Prefettura, non tanto per la quantità in sé dei partecipanti quanto per il fatto che “non è normale produrre cifre chiaramente e deliberatamente sottostimate perché si corre il rischio di passare informazioni false a Parigi e al presidente della Repubblica che non gli consentiranno di dare la giusta attenzione alla mobilitazione dei còrsi”.
Il presidente dell’Assemblea Jean-Guy Talamoni è intervenuto sul concetto di modifica costituzionale: “Contrariamente a quello che alcuni vogliono far credere, l’inserimento della Corsica nella Costituzione è agli antipodi rispetto ad una posizione ideologica. Dimostra invece una volontà di poter affrontare i problemi che gli isolani incontrano ogni giorno: prevedere costituzionalmente che la Corsica possa derogare al diritto comune in tema di tassazione, di politica linguistica e di gestione territoriale sbloccherà molte lentezze giuridiche e migliorerà la vita dei Corsi e favorirà il lavoro locale”.
La mobilitazione di sabato è stata organizzata dal collettivo “Demucrazia è rispettu pè u populu corsu” e se 20mila persone in piazza vi sembrano poche, teniate presente che, come dichiarato dal presidente Simeoni, il gioco delle proporzioni tra cittadini còrsi e francesi, fa sì che è come se a Parigi avessero manifestato 3milioni di persone.
Di questo fatto bisognerebbe tenere conto anche perché non si è trattato di un’evento di protesta economica o di corporativa rivendicazione salariale, temi che facilmente attivano larghe fasce di popolazione, bensì di una mobilitazione a favore e in sostegno di un governo democraticamente e recentemente riconfermato alla guida della nazione. Merce rara nell’Europa degli Stati ma, al contrario, caratteristica peculiare dell’Europa del diritto a decidere, delle nazioni senza Stato e degli indipendentismi progressisti, democratici e nonviolenti.
Un’ennesima conferma del fatto che la via per la soluzione ai problemi di rappresentanza, alla crisi dei partiti tradizionali, al dilagare della xenofobia e alla disaffezione nei confronti dell’Europa passa proprio per il diritto a decidere e per un sempre più auspicabile riassetto istituzionale europeo ispirato al riconoscimento dei territori, dei popoli e della volontà democratica delle nazioni.
Martedì 6 febbraio Emmanuel Macron sarà in Corsica, forse avremo l’opportunità di capire se ha recepito il messaggio còrso e forse potremo intravedere quale potrà essere lo sviluppo di questo surreale braccio di ferro tra chi chiede ascolto sulla base del proprio appoggio popolare e chi fa orecchie da mercante trincerandosi nel proprio centralismo.
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