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Nuova Caledonia, il referendum si farà. Il diritto a decidere vale solo in certi casi.

Le autorità francesi e i rappresentanti politici della Nuova Caledonia sono arrivati ad un accordo per la celebrazione di un referendum d’autodeterminazione nella colonia francese. Il 27 marzo infatti il comitato dei sottoscrittori dell’Accordo di Nouméa si è riunito a Matignon. Tutti assieme, i differenti partecipanti hanno discusso sul punto principale della discussione sul referendum sulla piena sovranità della Nuova Caledonia: l’esatta dicitura della domanda che gli elettori troveranno sulla scheda.

Il prossimo 4 novembre gli abitanti dell’arcipelago della Melanesia potranno decidere se vogliono uno Stato indipendente o continuare a far parte dello Stato francese. Per arrivare a questo punto dopo più di 150 anni di dominazione c’è stato bisogno di un processo di decolonizzazione e un negoziato di molti mesi per stabilire le condizioni della consultazione, compresa una domanda chiarissima come questa: “Vuoi che la Nuova Caledonia acceda alla piena sovranità e diventi indipendente?”, frutto del dosaggio tra sei differenti enunciati proposti dai vari rappresentanti presenti al tavolo.

Il principio che emerge con chiarezza è l’esistenza di un popolo, di una sovranità usurpata e repressa per un secolo e mezzo dallo Stato francese e il diritto di questo popolo a decidere il proprio futuro politico, e quindi, a recuperare la sua sovranità. Il fattore determinante per la soluzione di questa questione è la volontà politica di riconoscere questo principio e trovare una soluzione democratica.

Le discussioni sono state lunghe e appassionate. “I nostri lavori sono stati costantemente ispirati dalla fedeltà ai principi che governano i referendum e le consultazioni elettorali: chiarezza, sincerità e lealtà. Questi principi hanno connotato tutta la nostra discussione, non solo la questione più emblematica della formulazione della domanda del referendum”, ha spiegato il primo ministro francese Edouard Philippe. “La domanda così come è stata pensata ha un senso politico profondo. Consente a ciascuna forza politica di prendere una posizione chiara, così come previsto dall’Accordo di Nouméa”, ha concluso il premier.

L’accordo sullo svolgimento e sulla data del referendum è frutto di un dibattito aspro e lungo che ha comportato anche una profonda analisi della storia della colonizzazione francese in Caledonia. Nonostante l’approccio alla delicata discussione sia stato impostato sul piano storico per evitare scontri improduttivi, la sessione di discussione ha comportato un acceso scambio tra i rappresentanti indipendentisti e quelli unionisti.

Il testo che accompagna la delibera che approva la celebrazione del referendum è fortemente ispirato al preambolo dell’Accordo di Nouméa: “la colonizzazione ha portato con sé la negazione dell’identità Kanak. Molte persone sono state sfollate o decimate fino alla loro quasi scomparsa. Occorre voltare pagina, grazie ad un negoziato, per superare la violenza e il disprezzo, per scrivere assieme pagine di pace, solidarietà e prosperità”.

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Sonia Backes, responsabile dei Repubblicani Caledoni ha denunciato “una riscrittura della storia caledone che non lascia spazio all’orgoglio di essere francesi”. Per l’unionista Thierry Santa si tratta di “un testo sbilanciato che non fa che rievocare solo i momenti più scuri della nostra storia”. Per Philippe Gomès, deputato unionista, “questa è la prima volta che il diritto all’autodeterminazione sarà veramente esercitato nel nostro Paese, siamo gli unici a potervi accedere nella Repubblica francese, era il caso di inquadrare la questione in un testo esplicativo. Non dimentichiamo che la popolazione kanak era passata dai 55mila ai 27mila abitanti tra il 1853, anno della conquista francese, e gli anni ’20 a causa della traumaticità della colonizzazione, delle epidemie e dei conflitti”.

“Non è molto onorevole, è triste che siamo ancora a questo livello di discussione. Abbiamo sofferto la colonizzazione e non abbiamo mai rivisitato la nostra storia. Non abbiamo mai riequilibrato l’economia e la condivisione del potere” ha affermato Louis Mapou, rappresentante dell’Unione Nazionale per l’Indipendenza. Rispetto all’Accordo di Nouméa, l’enunciato del referendum fa un passo in avanti con la comparsa della parola “indipendenza”. Gli indipendentisti del FLNKS, per bocca di Daniel Goa affermano di “non aver paura della scelta binaria che dovranno fare i caledoni: si prenderanno le loro responsabilità”.

Al di là della positività del fatto che finalmente i caledoni potranno esprimere la propria voce attraverso un referendum, il paradosso è che ciò che è stato possibile in Nuova Caledonia sembra impossibile in Corsica, nonostante il principio sia lo stesso. Ma qui quel che predomina è il carattere giacobino della Francia. La scusa che l’autodeterminazione è possibile solo nel caso delle colonie non è niente più che un esercizio di ipocrisia degli Stati che stabiliscono le regole per proteggere i loro interessi a discapito del diritto inalienabile di ogni popolo o nazione a decidere il proprio futuro. La stessa cosa si può dire per la Catalogna e lo Stato spagnolo. Si può capire che alla Spagna non convenga perdere la Catalogna e che la Francia non voglia perdere la Corsica ma questo non deve far scomparire il diritto dei popoli catalano e còrso di decidere il proprio futuro.

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Fonti: Le Monde, Le Figaro, L’Express, Corse-Matin, Ara, El Punt Avui, Libération, Jeune-Afrique.

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