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Prigionieri baschi a chilometro zero

L’associazione basca Sare, che si definisce come una rete di cittadini che si impegnano per la diffusione dei diritti umani di tutti i progionieri baschi, i rifugiati e i deportati, ha presentato ieri l’iniziativa “Km 0”. Il portavoce, Joseba Azkarraga, ha illustrato presso il Parlamento navarro una relazione che vuole essere un elemento in favore della convivenza, verso l’eliminazione della legislazione penitenziaria d’eccezione e per il rispetto dei diritti umani. Il documento è frutto del lavoro di persone provenienti da diverse aree ideologiche ed è stato elaborato con il contributo di vittime di violenze di vario tipo. “Siamo lontani dal rivendicare una giustizia che soffre di amnesia ma sicuramente chiediamo che venga superato il circolo vizioso basato sulla vendetta e il rivendicazionismo”, afferma Azkarraga. “Guardare al passato è importante per capire gli errori – aggiunge – ma la cosiddetta Transizione [dal franchismo alla democrazia] del 1978 si è basata sulla dimenticanza selettiva”. Il portavoce ha sottolineato la decisione di ETA di abbandonare la sua attività armata nell’ottobre del 2011, passo che ha aperto un nuovo scenario, e ha valutato positivamente anche il dibattito interno a EPPK [Collettivo Basco Prigionieri Politici].
“Lo schema vincitori-vinti è dannoso” continua Azkarraga chiedendo di scommettere su una giustizia di transizione e sullo smantellamento della legislazione speciale, sulla fine della dispersione dei prigionieri in carceri lontane dalla zona di residenza, così come sulla revisione delle condanne inferte grazie a testimonianze ottenute sotto tortura.

Le reazioni del mondo politico alla presentazione del documento sono diverse. Miren Aranoa di EH Bildu ha affermato che questa è una questione di diritti umani “che sono universali e devono essere riconosciuti anche ai prigionieri” e ha denunciato che la lontananza dei luoghi di detenzione rispetto ai luoghi natali dei prigionieri è un aspetto che viola i diritti dei familiari.

Virginia Aleman di Geroa Bai, coalizione al governo della Navarra che esprime anche la presidente Uxue Barkos, plaude all’iniziativa di Sare e segnala che sarebbe utile ribadire il riconoscimento del danno causato. Laura Perez (Podemos) ha affermato che la decisione di ETA “ha messo in evidenza il deficit antidemocratico post Transizione e ha chiesto competenze penitenziarie per la Navarra. José Miguel Nuin (Izquierda-Ezkerra) ha condannato la dispersione dei detenuti ma ha detto che nonostante le carenze democratiche della cosidetta Transizione del 1978 “non ci sono basi per concludere che l’azione di ETA è stata legittima”.
Iñaki Iriarte di UPN [Unione Popolo Navarro], forza unionista alleata del PP, è stato il più bellicoso: nega che la dispersione presupponga una violazione dei diritti dei prigionieri che in Spagna “vengono rispettati”, nega il riconoscimento da parte di ETA del danno causato dalla propria azione e afferma che “finché ci saranno iniziative in sostegno dei prigionieri, atti per festeggiare il rientro a casa dei detenuti, attacchi fisici alla polizia e scritte sui muri non è possibile fare passi in avanti”.

Ennesima dimostrazione del fatto che, come ripetutamente denunciato dai responsabili indipendentisti baschi, ampi settori dell’unionismo e dello Stato sono stati e continuano ad essere contrari al processo di pacificazione del conflitto e al confronto politico, alzando di volta in volta l’asticella di quel che viene giudicato come inaccettabile. Siamo arrivati alle scritte sui muri.

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