09-10-2017 Pablo Casado (PP) allude alla fucilazione di Lluis Companys parlando di Puigdemont. Il presidente Companys venne arrestato dopo la proclamazione della Repubblica Catalana e fu assassinato nel 1940 dal franchismo. Il vicesegretario della comunicazione del PP, Pablo Casado, ha minacciato il presidente Carles Puigdemont di finire come Lluis Companys se domani dichiarerà l’indipendenza della Catalogna. Casado ha detto “La storia non deve ripetersi. Speriamo che domani non venga dichiarato niente perché forse chi la dichiara finisce come quello che l’ha dichiarata 83 anni fa”. Casado si riferisce alla proclamazione dello Stato catalano del 6 ottobre 1934 da parte di Lluis Companys che fu arrestato e, successivamente, fucilato dal franchismo.
“Le precedenti dichiarazioni di indipendenza catalana non sono finite bene”, ha aggiunto e ha assicurato che chi incoraggia la violenza è l’indipendentismo, definito come “xenofobo e totalitario”. Il rappresentante del PP ha rifiutato qualsiasi tipo di mediazione, ha definito Puigdemont come un occupante abusivo della Generalitat e si è dichiarato favorevole all’illegalizzazione dei partiti politici indipendentisti.
06-10-2017 Le Monde dà responsabilità al re e a Rajoy del peggioramento della crisi. Le Monde ha dedicato ieri la prima pagina, pagina 2 e 3 al conflitto catalano. Il titolo è “Madrid e Barcellona, il dialogo impossibile”, la rubrica: “guerra di nervi”. Secondo Le Monde il discorso del re, allineato con quello di Rajoy, complica eventuali soluzioni. Questa opinione è condivisa dai grandi media internazionali. Il quotidiano di centrosinistra francese descrive la strategia del Governo catalano come un gioco a due livelli: “da un lato prendere tempo per calmare la gente e chiedere mediazione nel conflitto con Madrid”, dall’altro “preparare la dichiarazione di indipendenza”. Sono piani “complementari e contraddittori”, però consentono a Puigdemont di mantenere viva la sua iniziativa. Nel discorso di martedì notte in replica a quello del re, Puigdemont è stato più moderato rispetto alla interviste rilasciate alla stampa internazionale, dice Le Monde, che aggiunge che “l’unica certezza che abbiamo oggi è che Madrid non negozierà con Barcellona fino a quando il Governo non abbandonerà i suoi piani secessionisti”. Madrid non accetterà mai di organizzare un referendum di autodeterminazione perché “correrebbe il rischio di balcanizzare la Spagna”.
Secondo il quotidiano francese l’alternativa del governo di Rajoy, sospendere l’autonomia, è complicata perché l’articolo della Costituzione che lo consente non è chiarissimo e il PP in questo momento non ha ancora ricevuto il consenso degli altri partiti.
Le Monde è critico con il ruolo del re. Gli analisti non lo trattano bene. Il discorso di Felipe VI si sovrapporrebbe alla strategia di Rajoy che, dopo aver gestito male la crisi catalana, si nasconde dietro la giustizia e la polizia. E ora anche dietro al re. “E’ ovvio che il re deve difendere lo stato di diritto ma gli è mandata emozione, compassione, dire qualche parola in Catalano, e sopratutto la difesa dell’accordo, del dialogo, la concordia”.
Le Monde dice che Felipe VI esce molto male dal confronto con l’intervento che fece il padre in occasione del colpo di Stato del 1981 con il quale “si conquistò il rispetto dell’esercito e della gente”.
06-10-2017 Secondo The Economist qualsiasi negoziato con la Catalogna deve includere un referendum di indipendenza. La rivista britannica ha pubblicato un durissimo editoriale contro il presidente del governo spagnolo Mariano Rajoy. “Bisogna negoziare ma bisogna includere l’opzione di un referendum sull’indipendenza”, dice il testo, aggiungendo che con la metà più uno dei voti il risultato deve essere valido. The Economist si appella a Rajoy per fargli riconoscere lo status di nazione della Catalogna, più autonomia con poteri per gestire le tasse e più protezione per la Lingua catalana. Inoltre propone di trasformare la Spagna in uno Stato federale. L’editoriale avverte che “utilizzando la sola forza, il signor Rajoy non impedisce la rottura della Spagna ma l’accelera”. Ricorda i novecento feriti del primo ottobre e incolpa Rajoy per la situazione tra Catalogna e Stato spagnolo: “La reazione di Rajoy ha portato la Spagna alla peggiore crisi istituzionale dal tentativo di colpo di stato del 1981”. The Economist critica la giudizializzazione del processo catalano e segnala che Rajoy ha oltrepassato la linea rossa con la repressione, vista come un regalo “di propaganda” per il sovranismo. “Le aggressioni contro la moltitudine dei cittadini pacifici forse funzionano in Tibet, ma non possono essere sostenute in una democrazia occidentale. Nella disputa tra giustizia formale e giustizia naturale, la giustizia naturale vince sempre. Le costituzioni esistono per servire i cittadini, non al contrario. Invece di difendere lo stato di diritto, il signo Rajoy ha messo da parte la legittimità dello Stato spagnolo”. La rivista fa inoltre un appello al dialogo per cercare un accordo costituzionale: “l’indipendenza della Catalogna sarebbe un disastro per la Spagna perché perderebbe la sua seconda città e rischierebbe di perdere anche il Paese Basco”. Assicura che l’indipendenza farebbe male anche ai catalani e mette in guardia da un’ondata di possibili indipendenze in Europa: Scozia, Corsica, il Nord italiano e la Baviera. Infine The Economist dice che la dichiarazione di indipendenza sarebbe imprudente e irresponsabile” e avverte Rajoy che bisogna resistere alla tentazione di arrestare i leader catalani e di sospendere l’autogoverno: “solo un negoziato può far tornare la calma”.
06-10-2017 La Svizzera si offre come mediatore tra Catalogna e Spagna. Il Dipartimento Federale per gli Affari Esteri della Svizzera è disposto a promuovere una piattaforma di dialogo tra il governo spagnolo e il governo catalano, secondo quanto ha detto la catena svizzera di informazione RTS. “Le autorità svizzere si mantengono in contatto con le due parti”, dicono fonti del governo federale svizzero. E aggiungono che stanno studiando tutte le domande di mediazione che gli arrivano e che risponderanno positivamente nella misura del possibile. Il deputato Mathias Reynard del Partito Socialista ha confermato l’offerta di mediazione in con un tweet: “La Svizzera si offre come mediatore tra Madrid e la Catalogna. Sono mesi che lo chiedo, ottima notizia!”. Il Dipartimento diretto da Didier Burkhalter non ha voluto commentare la notizia perché “troppa trasparenza potrebbe compromettere il processo. La Confederazione Elvetica potrebbe essere accusata di parzialità”. Negli ultimi giorni il presidente Puigdemont ha ripetuto diverse volta le sue offerte di mediazione. Nonostante questo il governo spagnolo ha rifiutato qualsiasi possibilità di mediazione per risolvere il conflitto.
05-10-2017 L’associazione dei clienti delle banche dice che la mossa di spostare la sede dalla Catalogna è un movimento politico per seminare allarme sociale.
“Con una eventuale indipedenza catalana nessun cliente di CaixaBank né del Banc Sabadell perderebbe un euro”. Così ha dichiarato Manuel Pardos, presidente dell’Associazione per la Difesa dei Clienti di Banche e Casse (ADICAE), che ha anche assicurato che queste due entità hanno mentito a tutti i loro clienti, tanto catalani quanto spagnoli, minacciando di spostare la sede fuori dalla Catalogna per garantire la sicurezza dei propri clienti.
05-10-2017 Il Tribunale Costituzionale sospende la seduta del Parlamento di lunedì prima che venga convocata per impedire la dichiarazione di indipendenza. La seduta del parlamento catalano di lunedì 9 ottobre non è stata ancora convocata ma è già stata sospesa dal Tribunale Costituzionale spagnolo per impedire che Puigdemont riferisca in aula sui risultati del referendum e chieda al Parlamento di dichiarare l’indipendenza. Questo provvedimento prende ispirazione legale da una richiesta del Partito Socialista di Catalogna, federato con il PSOE spagnolo, che chiede di impedire che una dichiarazione di indipendenza possa rompere il piano costituzionale e annichilire i diritti dei deputati. Una legge spagnola infatti prevede che “in casi di urgenza eccezionale” sia prevista l’adozione della misura di sospensione. In questo senso il Tribunale ha dichiarato “totalmente nullo e senza valore né effetto qualsiasi atto, risoluzione, accordo o via di fatto che contravvenga alla sospensione”.
05-10-2017 Rajoy pretende che Puigdemont rinunci all’indipendenza per evitare “mali peggiori”. Il capo dell’esecutivo spagnolo ha chiesto al presidente catalano Puigdemont di tornare nell’ambito della legalità e che annulli “prima possibile” il suo progetto di fare una dichiarazione unilaterale di indipendenza, perché questa è “la migliore soluzione” per “evitare mali più grandi”. Queste dichiarazioni seguono il messaggio istituzionale del 4 ottobre con il quale Puigdemont ha ribadito il suo impegno indipendentista e ha chiesto mediazione. Per il presidente spagnolo Puigdemont deve fare come tutti i cittadini che rispettano la legge.
05-10-2017 Ipotesi Obama e Kofi Annan mediatori. Il capo del gruppo di osservatori internazionali del referendum ha detto che si sente “sgradevolmente sorpreso” dalle immagini di violenza della polizia e considera questi eventi come inammissibili in una democrazia. Daan Everts ha detto che “ci sono grandi personalità come Obama o Kofi Annan che potrebbero fare da mediatori nel caso catalano”.
04-10-2017 Dichiarazione istituzionale di Puigdemont, testo completo tradotto.
Care e cari compatrioti,
veniamo da giorni molto intensi, carichi di emozioni e di esperienze che rimarranno scritte nella memoria. Una volta ancora il popolo catalano ha dimostrato ieri che è unito, che è un solo popolo, che fa gruppo nella difesa dei valori della democrazia e lo fa nello stesso modo con il quale vogliamo agire: con civiltà e in pace. Ci sono state immagini molto simboliche che aiutano a capire questa idea di fratellanza e di trasversalità con la quale la Catalogna affronta le sue sfide nazionali: persone con bandiere spagnole e bandiere indipendentiste condividono la stessa causa. Il rifiuto della violenza, il rifiuto delle cariche ingiustificabili delle forze di polizia contro la popolazione civile pacificamente concentrata e la difesa dei diritti civili più elementari.
In questo senso vorrei mettere in evidenza il comportamento di centinaia di migliaia di catalani e catalane che ieri si sono mobilitati per uno sciopero senza precedenti nel nostro paese. Lo hanno fatto senza incidenti, superando paura e minacce e, sopratutto, restando fedeli al comportamento pacifico con il quale vogliamo esprimerci sempre.
Per questo motivo ci sentiremo forti se resteremo uniti e manterremo questo nostro modo di agire. Più gli altri useranno violenza – fatto che non è accettabile in nessun caso e che è stato rifiutato da molta gente con preoccupazione anche in Europa – e più noi dobbiamo restare un solo popolo. Con differenze, con discrepanze, con errori e, a volte, perché ce lo dobbiamo dire, con grandi successi. Non lasciate che altri ci facciano sprecare tutto questo e che, per impotenza o codardia, vorrebbero che ci comportassimo in modo diverso. Non immaginate l’ammirazione che come popolo stiamo raccogliendo in giro per il mondo per questo nostro comportamento tanto civile e tanto impegnato.
Disgraziatamente non tutti volevano che le cose andassero bene. C’è chi pretende di presentare la rivendicazione catalana come una cosa illegittima, illegale e criminale. C’è chi pensa che perseguire urne, schede elettorali e votanti sia un dovere dello stato di diritto e che tutto vale per impedire che un popolo si possa esprimere e possa decidere. Stiamo tutti molto tranquilli e sereni, e sopratutto molto sicuri: quello che abbiamo fatto, quello che facciamo e faremo è ciò che altri popoli hanno già fatto e altri popoli faranno in futuro. Continuiamo il cammino democraticamente segnato dalla volontà dei cittadini e questo invece di essere combattuto dovrà iniziare ad essere compreso e rispettato.
Per questo [parla ora in Spagnolo] voglio rivolgermi ai cittadini spagnoli che in questi giorni hanno espresso appoggio alle domande dei catalani; cittadini che ci hanno inviato messaggi di amicizia e solidarietà molto preziosa in questi momenti. Sicuramente le autorità spagnole avrebbero dovuto spiegare meglio quello che accade in Catalogna, con visioni più ponderate che avrebbero aiutato a capire un problema politico che sappiamo molto complesso.
Senza dubbio apprezzo lo sforzo di molte persone che accompagnano il popolo catalano e le sue rivendicazioni. Siamo un solo popolo, che ama le Lingue che parla, che non ha nessun problema con le identità, le nazionalità e le culture, che vuole continuare a collaborare allo sviluppo dello Stato spagnolo e che mai prescinderà dall’enorme ricchezza rappresentata dalla pluralità.
Siamo, in effetti, [riprende in Catalano] una società enormemente coesa nella diversità. Per questo non possiamo condividere né accettare il messaggio che il capo di Stato ha mandato ad una parte della popolazione. Il re fa sue le politiche e il discorso di Rajoy che sono stati catastrofici per la Catalogna e ignora deliberatamente i milioni di catalani che non pensano come lui. Ignora deliberatamente i catalani che sono stati vittime di una violenza della polizia che ha gelato il cuore a mezzo mondo. Il re ha perso ieri l’opportunità di rivolgersi a tutti i cittadini a cui deve la corona e ai quali deve rispetto perché così obbliga la Costituzione. Una Costituzione che gli conferisce un ruolo di moderatore che non ha mai tenuto e che ieri ha declinato con durezza. Non ha neanche avuto interesse a conoscere l’opinione e la visione del Governo della Generalitat in nessuna fase di questa crisi, ha accettato di assumere un ruolo inadeguato che cerca solo di accogliere le decisioni che il Governo spagnolo studia da tempo per liquidare le aspirazioni di sovranità del popolo catalano. Aspirazioni che non teme di trattare come criminali e illegittime e contro le quali usa risorse senza limite.
Vorrei rivolgermi direttamente a Sua Maestà, nella Lingua che so conosce e parla: così no. Con la sua decisione di ieri lei ha deluso molta gente in Catalogna, gente che l’apprezza e che l’ha aiutata in momenti difficili dell’istituzione. Gente che sperava da lei un altro tono e un’appello al dialogo e alla concordia.
Come presidente della Generalitat credo necessario rivolgermi all’insieme della cittadinanza, a tutti, a prescindere da cosa pensino, per garantire l’impegno del governo che presiedo a proteggere l’insieme dei cittadini, di vegliare sul loro diritto ad esprimersi liberamente e a rispettare le loro opinioni.
Lo faremo con l’impegno che abbiamo assunto all’inizio del mandato. Un impegno ad agire con una porta sempre aperta al dialogo e al rispetto dell’altro. Non ci muoveremo da questa posizione e voglio garantire ai cittadini che mi stanno ascoltando che il mio governo non si muoverà di un millimetro dall’impegno di pace e serenità, allo stesso tempo con la fermezza di voler fare le cose.
Per questo motivo ripeto quel che ho detto lunedì: questo momento chiede mediazione. Abbiamo ricevuto diverse proposte nelle ultime ore e ne riceveremo ancora: tutti i contatti arrivati conoscono di prima mano la mia disposizione ad intraprendere un processo di mediazione. Lo ripeteremo ogni volta che sarà necessario. Pace, dialogo e accordo fanno parte della cultura politica del nostro popolo. Allo stesso tempo non abbiamo mai avuto risposta positiva da parte dello Stato rispetto alle opzioni di mediazione in campo, e credo, con tutta sincerità, che sia una grave irresponsabilità non dare risposta alle richieste inviate da dentro e da fuori la Catalogna e lo Stato per far sì che questo conflitto si svolga in campo politico e non di polizia.
Oggi il nostro desiderio storico è più vicino di ieri. Domenica siamo riusciti a realizzare un referendum nel mezzo di un oceano di difficoltà e di una repressione senza precedenti. Ieri abbiamo dato un esempio di partecipazione allo sciopero generale. Sono sicuro che nei prossimi giorni torneremo a mostrare la faccia migliore del nostro paese, quando le istituzioni catalane applicheranno il risultato del referendum.
Nel frattempo confermiamo la nostra fiducia nel processo e l’isolamento di qualsiasi provocazione e di qualsiasi intenzione di violenza: non la vogliamo in casa e non la vogliamo da nessuna parte. Facciamoci forti nella dignità e saremo un popolo capace di realizzare il sogno che stiamo proponendo.
04-10-2017 Il Parlamento europeo parla del caso catalano e condanna la violenza all’unanimità. Il Parlamento Europeo respinge unanimemente la repressione della polizia in Catalogna. Il caso catalano ha fatto irruzione per la prima volta nel Parlamento Europeo. Dopo i fatti della domenica passata che hanno visto la repressione della polizia contro il referendum lasciare quasi 900 feriti, l’Eurocamera ha rifiutato unanimemente l’azione della polizia. Tutti i gruppi hanno condannato la violenza e hanno citato i feriti. D’altro lato, però, hanno chiesto il dialogo tra il governo spagnolo e catalano, sempre nell’ambito della costituzione spagnola e dello stato di diritto. Il dibattito si è tenuto ai massimi livelli, sono intervenuti il vicepresidente della Commissione Europea, dei presidenti e dei vicepresidenti di tutti i gruppi parlamentari. La Commissione ha rifiutato di fare qualsiasi tipo di mediazione tra i due governi, come chiedevano i gruppi dei Verdi e la Sinistra Unitaria Europea.
Il dibattito è iniziato con l’intervento del vicepresidente della Commissione Europea, Frans Timmermans, ha difeso lo stato di diritto ma ha anche ricordato che “la violenza non risolve nulla e non può essere usata per combattere la politica”. Il vicepresidente ha assicurato che ogni governo ha il diritto a mantenere lo stato di diritto e può fare un “uso proporzionale” della forza, ma non andare più in là, e ha definito le immagini di domenica come “spaventose”. Timmermans ha assicurato che l’Europa si basa sulla democrazia ma anche sul rispetto della legge e ha ricordato che “non è possibile escludere l’uno o l’altro aspetto”. In questo senso ha chiesto di abbandonare il cammino dello scontro e scommettere sul dialogo. Inoltre il rappresentanti del potere esecutivo europeo ha rifiutato che la Commissione possa fare da mediatore tra i due governi, come gli chiedevano i partiti della sinistra europea.
Per il Partito Popolare Europeo ha parlato il presidente Manfred Weber, che ha voluto iniziare il suo intervento con un ricordo dei feriti e ha rifiutato la violenza in Catalogna. Detto questo, però, i popolari sono stati molto critici con il governo catalano. “E’ inaccettabile che il governo catalano inviti i cittadini a disobbedire alla legge”. Weber ha anche minacciato l’esecutivo catalano che “se proclamerà l’indipendenza lascerà sia la Spagna che l’Unione Europea”.
Il presidente dei socialisti europei Gianni Pittella ha condannato la violenza di questa domenica e ha descritto l’operazione della polizia come “sproporzionata”. Pittella ha chiesto dialogo e ha criticato la gestione dell’esecutivo di Mariano Rajoy della crisi catalana. Il socialista ha criticato anche il Governo catalano e ha assicurato che non ha legittimità per fare una dichiarazione di indipendenza. Farlo sarebbe come “gettare altra legna sul fuoco che porterebbe a nuovi disastri”.
Il presidente dei liberali (ALDE) Guy Verhofstadt ha descritto come “deplorevole” la violenza della polizia durante il referendum “anche se ispirata a sentenze giudiziarie”. Ha criticato duramente la votazione in quanto senza “garanzie”: “si sapeva il risultato prima di farla”. Verhofstadt ha assicurato anche che “nessuno può dare lezioni di democrazia alla Spagna” e ha chiesto rispetto della legge. Il liberale ha avvertito che procedere sulla strada del referendum causerà “una frattura” e per questo ha chiesto di fermare l’aumento della tensione auspicando “dialogo e cooperazione”.
Il gruppo dei Verdi/ALE e quello della Sinistra GUE/NGL ha chiesto alla Commissione Europea che si impegni nel caso catalano e che faccia da mediatore tra i governi. Una proposta che è stata rifiutata dalla Commissione. Patrick Le Hyaric (GUE/NGL) ha condannato fermamente la violenza e ha criticato il fatto che l’Unione Europea non si sia pronunciata chiaramente contro l’azione della polizia. Ha ricordato che i popoli hanno diritto all’autodeterminazione, ha chiesto dialogo ha descritto il governo spagnolo come “freddo e debole”.
Ska Keller (Verdi/ALE) è andata oltre: ha assicurato che il primo ottobre è un giorno “triste per la Spagna e per l’Europa”. Ha definito l’operazione della polizia come “inaccettabile, sproporzionata e ingiustificabile”. E’ stata molto dura con la risposta di Rajoy accusato di essersi negato al dialogo e di aver peggiorato la situazione con le azioni di domenica. “Il caso catalano si deve risolvere con la politica e non con la polizia”.
I gruppi euroscettici hanno approfittato del caso catalano per criticare l’Unione Europea. Tutti hanno criticato il fatto che l’UE tratti con “due pesi e due misure” gli eventi a seconda dello Stato coinvolto, definendo il comportamento delle istituzioni europee come “ipocrita e deludente” per i catalani. Hanno criticato anche la violenza della polizia.
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