19-09-2017 IL CONGRESSO SPAGNOLO NON APPROVA UN TESTO DI CIUDADANOS IN APPOGGIO AL METODO RAJOY IN CATALOGNA
Il congresso spagnolo ha rigettato oggi pomeriggio la strategia messa in atto dal governo spagnolo in Catalogna per cercare di impedire il referendum.
Il voto contrario del PSOE è stato decisivo affinché la proposta di Ciudadanos non abbia vinto. Quattro deputati socialisti non hanno rispettato le istruzioni di partito e si sono astenuti.
Di fatto il partito di destra di Albert Rivera (Ciudadanos) ha ricevuto il supporto solamente del PP e dei suoi alleati UPN (Unione del Popolo Navarro) e Foro Astùries. Il risultato finale della votazione è stato di 166 voti contrari e 158 a favore. In questo modo il PSOE ha rotto simbolicamente l’unità del blocco costituzionalista anche se i vertici del partito si sono affrettati a chiarire che questo non è riferito solamente al fatto che nel testo non si parla di dialogo e di soluzione politica. Il sostegno al governo PP quindi non è in dubbio. Questa decisione ha creato non pochi malumori nel gruppo socialista. Ad ogni modo secondo il PSOE “una risoluzione che nega il dialogo non si può appoggiare”.
Il testo di Ciudadanos chiedeva di dare supporto allo stato di diritto e alle azioni del governo spagnolo e della giustizia in Catalogna. In particolare dava appoggio al potere esecutivo, giudiziario e ai servitori dello Stato. Inoltre invitava a non consentire la destinazione di fondi pubblici al referendum. Hanno votato contro anche ERC (Esquerra Republicana de Catalunya, PDeCAT (il partito del presidente Puigdemont), Compromis (Coalizione valencianista), Podemos, PNV (Partito Nazionalista Basco) e EH Bildu (Sinistra indipendentista basca).
19-09-2017 IL PARLAMENTO BALEARE CONDANNA LO STATO D’ECCEZIONE MASCHERATO IN CATALOGNA. IL REFERENDUM INFUOCA IL DIBATTITO POLITICO NELLE ISOLE
Il parlamento delle Isole Baleari ha approvato una mozione che esprime il rifiuto della persecuzione della libertà d’espressione, la libertà di informazione e il diritto di riunione pacifica in Catalogna da parte dello Stato spagnolo. Per questo motivo chiede al governo spagnolo di smettere di strumentalizzare la magistratura per affrontare conflitti di natura politica. La mozione è stata approvata grazie all’astensione del PSIB, Partito Socialista delle Isole Baleari/PSOE.
Il deputato “minorchista” Josep Castells ha approfittato del suo intervento per denunciare la crisi dei diritti e delle libertà fondamentali in Catalogna. “Si stanno chiudendo pagine web, si stanno dando ordini alle compagnie telefoniche affinché impediscano ai loro clienti di accedere a contenuti in rete, c’è proibizione o disturbo di eventi pubblici”, e si assiste all’intimidazione e alle minacce ai mezzi di comunicazione a causa dei contenuti che pubblicano.
Il dibattito politico baleare sul referendum catalano si riflette sulle dichiarazioni dei responsabili dei vari partiti delle isole.
Il più duro è stato David Abril, portavoce parlamentare di Més per Mallorca, che ha sostenuto il fatto che la sua formazione politica abbia appoggiato il referendum catalano e ha definito “neofascista” l’assemblea di eletti locali del PP che si celebrerà a Palma venerdì e sabato prossimi con la partecipazione del leader spagnolo del partito e presidente del Governo Mariano Rajoy.
Abril ha annunciato che Més sta studiando come organizzare un evento alternativo o qualcosa di simbolico durante la riunione dei popolari a Palma.
Ha aggiunto che le misure che si stanno adottando per impedire la celebrazione del referendum sono “proprie del franchismo” e comportano “che si vulnerino i diritti e le libertà come non si è mai visto negli ultimi 40 anni”. In questo senso ha sottolineato la “solidarietà” di Més con la Generalitat de Catalunya. “Studieremo in quale maniera potremo esprimere questa solidarietà con un evento simbolico.
La portavoce parlamentare di Podemos, Laura Camargo, ha affermato che l’iniziativa del suo partito in difesa dell’indipendenza giudiziaria e contro le minacce del PP ha ancora più senso dopo aver assistito al divieto di celebrare eventi a Madrid in difesa del diritto a decidere. Ha anche criticato l’uso scandaloso della magistratura nel caso della citazione giudiziaria di più di 700 sindaci catalani.
Camargo ha definito il PP come “partito più corrotto d’Europa” e ha precisato che Podemos sta negoziando con Més due emendamenti sull’indipendenza del potere giudiziario alla luce “degli attacchi che sta vivendo tutta la società contro la libertà di espressione e di riunione” nel contesto del referendum catalano.
La risposta del PP è arrivata attraverso un emendamento alla proposta di Podemos con il quale si intende sostituire tutti i punti con un solo concetto: il Parlamento baleare “dà il suo appoggio a tutte le azioni e decisioni che verranno adottate per far rispettare l’ordinamento giuridico e e costituzionale”.
19-09-2017 “ACCORDO CHE SALVAGUARDI L’ASPIRAZIONE DEMOCRATICA DI TUTTI I POPOLI DELLA NAZIONE SPAGNOLA”. ROMANO PRODI E ALTRI POLITICI ITALIANI FIRMANO UN APPELLO
Prodi, Fassino e… Bobo Craxi firmano un appello comune rivolto a Spagna e Catalogna
L’ex presidente della Commissione Europa ed ex primo ministro italiano Romano Prodi invita al “ritorno al dialogo” Spagna e Catalogna. In un appello firmato con altri politici italiani come Piero Fassino e Bobo Craxi esprime “preoccupazione” per la situazione attuale.
Prodi ha mostrato un particolare interesse verso il processo di disconnessione catalano. Nello scorso aprile il presidente Puigdemont e il responsabile per gli esteri Raul Romeva si sono riuniti con Prodi a Bologna.
IL TESTO DELL’APPELLO
“Tutti noi, personalità provenienti da differenti correnti democratiche del nostro paese ed anche da differenti responsabilità nell’ambito della politica italiana ed europea, animati da sentimenti di sincera amicizia verso la Nazione Spagnola ed il popolo catalano davanti a gli sviluppi della situazione vogliamo esprimere la nostra preoccupazione per l’evolversi degli eventi. Riteniamo non siano né le forzature parlamentari né le misure giudiziali e di polizia conseguentemente adottate le condotte più adatte per risolvere una controversia di natura politica.
Questi fatti hanno già creato un complesso ingorgo giuridico ed un confronto politico e sociale assai aspro. Per questo auspichiamo un ritorno al dialogo fra lo Stato Spagnolo e la Generalitat Catalana fondato sulla ragione politica nel rispetto della libertà d’espressione e dei principi democratici consolidati nella nostra Comunità Europea.
Insistiamo dunque nel dialogo nelle istituzioni parlamentari come unico mezzo per avvicinare posizioni differenti ed arrivare ad un accordo convincente che salvaguardi l’aspirazione democratica di tutti i popoli della nazione Spagnola ed un ritorno ad una convivenza civile nell’interesse di tutti noi che ci sentiamo cittadini della Comunità Europea”.
19-09-2017 UN SINDACO ORDINA ALLA POLIZIA MUNICIPALE DI RESTITUIRE MATERIALE SEQUESTRATO
“Ho firmato una lettera per la magistratura e un decreto comunale in cui chiedo la restituzione dei cartelli elettorali sequestrati dalla polizia municipale la quale è al servizio dei cittadini, non della magistratura”.
Così scrive su Twitter Dionís Guiteras, sindaco di Moià nella circoscrizione di Badalona, membro di Esquerra Republicana de Catalunya e deputato al parlamento catalano dal 2012 al 2015.
19-09-2017 “IL REFERENDUM E’ PIU’ GRAVE DI UN COLPO DI STATO PERCHE’ A DIFFERENZA DI UN CAMBIO DI POTERE L’AUTODETERMINAZIONE NON E’ REVERSIBILE”. PARLA MARGALLO, EX MINISTRO DEGLI ESTERI
L’ex ministro Margallo è stato il membro del governo Rajoy che più si è occupato del “conflitto interno” catalano, forse l’unico. Ma le sue proposte per affrontare direttamente il problema non sono state ascoltate. Ora non fa più parte del consiglio dei ministri ma non ha abbandonato la questione. Ha appena pubblicato un libro dal titolo “Per una convivenza democratica” nel quale propone la sua riforma della Costituzione spagnola “per adattarla al XXI secolo”.
Tuttavia non è un sostenitore di particolari cambiamenti. Si tratta casomai di “correggere i difetti, gli errori di funzionamento e le tare che il passare del tempo ha evidenziato”. Anche riguardo alla questione catalana non propone cambiamenti sostanziali: nega l’esistenza di una nazione politica e nega la possibilità di un accordo economico. Ma almeno ha una proposta chiara. Riguardo al referendum chiede allo Stato di usare tutti i meccanismi a sua disposizione per fermarlo. Già per il referendum consultivo indetto da Artur Mas nel 2015 Margallo avrebbe voluto applicare l’articolo 155 della Costituzione che toglie l’autonomia alle comunità che agiscono contro l’interesse generale dello Stato.
In una intervista a El Nacional, la cui redazione ha già ricevuto la visita delle forze di polizia che hanno notificato il divieto di diffondere materiali sul referendum, di chiara che “il primo dovere di un governo è garantire che le leggi vengano rispettate e mantenere in vita lo stato di diritto. L’unica cosa che non posso tollerare è un governo che interrompa lo stato di diritto. In questo senso non si può tollerare la disobbedienza.
Mi sembra che la risposta dello Stato sia proporzionata. La grande maggioranze delle azioni consistono in notifiche a determinate persone per avvisarle che determinati comportamenti possono infrangere la legge e le sentenze del Tribunale Costituzionale. E’ come se io le inviassi una lettera con scritto che bisogna pagare le tasse e che se non le paga le conseguenze sarebbero previste nella legislazione vigente.
Non vedo repressione, in uno stato di diritto è perfettamente normale adottare le misure stabilite nella Costituzione, quelle del Tribunale Costituzionale, la Legge per la Sicurezza Nazionale o il diritto penale. Così dicono di fare tutti gli organismi internazionali che si occupano di vigilare e di proteggere la democrazia così come la intendiamo nei paesi occidentali.
Tutto quello che sta succedendo – si riferisce ai sequestri di materiale elettorale, alle visite della polizia nelle redazioni, etc – pregiudica l’immagine della Spagna e della Catalogna. C’è da capire se è più grave che una parte del territorio dello stato spagnolo non rispetti la legislazione vigente, che si tolleri la disobbedienza o che si facciano rispettare le leggi. Per non continuare per le lunghe su questo tema citerò un paese che nessuno può dire che non sia democratico: gli Stati Uniti d’America. Nel 1954, in Arkansas, vigeva la segregazione razziale e i bambini neri non potevano andare a scuola. Ma il Tribunale Supremo lo ha dichiarato incostituzionale.
Non dico che la situazione sia la stessa ma è un esempio. Il governatore, appoggiato da tutta l’opinione pubblica dell’Arkansas, si è opposto fisicamente al fatto che i bambini neri andassero a scuola. Ha chiamato il presidente Eisenhower che gli ha risposto letteralmente: l’unica cosa sicura che posso dirle è che la Costituzione Federale sarà da me sostenuta con tutti i mezzi legali in mio potere. Questa è il primo dovere di un governo. Non possiamo permettere che i procedimenti stabiliti non vengano rispettati e che non si rispettino le regole del gioco.
Concordo con la descrizione del referendum come un colpo di stato. E le dirò di più, è più grave di un colpo di stato. La definizione classica di colpo di stato, che non necessariamente deve essere armato, è l’intento di modificare l’ordinamento costituzionale attraverso modi non previsti dalla Costituzione. Ma il referendum è più di un colpo di stato: vogliono prendersi lo stato stesso. E’ un attentato al demos costituente, il popolo sovrano, il titolare della sovranità. Un colpo di stato è reversibile, questo processo catalano no.
Una questione politica così grave non si risolverà mai solamente con misure legali. Ma la condizione per risolverla è che le leggi vengano rispettate. Ma questo non sarà sufficiente. Dal momento che le leggi verranno rispettate bisognerà fare politica. Cioè tentare di affrontare i motivi della disaffezione. A partire da ottobre, perché arriverà ottobre, bisognerà ristabilire l’empatia, il dialogo, l’intesa. Esplorare soluzioni politiche possibili nel contesto costituzionale.
Quando parlo di riforma costituzionale penso a consacrare nuovi diritti. Per scrivere un capitolo sull’UE, per stabilire i compiti delle comunità autonome nell’adozione e nell’esecuzione delle decisioni. Per riformare il Senato e farlo diventare un forum di cooperazione. Per delimitare le competenze ed evitare i conflitti permanenti. Per stabilire norme di finanziamento che facciano terminare i malumori in molte comunità. Non solo in Catalogna ma anche nella mia terra, la Comunitat Valenciana, che sta sotto la media ed è finanziata molto poco.
Quello che deve fare lo Stato spagnolo è essere più trasparente, più pulito, più veloce, economicamente molto più adattato alla competizione nel mondo globalizzato. Questo potrebbe piacere ai catalani. Ma anche agli andalusi, i canari o i valenciani.
Riguardo al concetto di nazione io credo che quando ci si serve di un concetto giuridico bisogna essere molto precisi. La nazione originaria, che è un concetto del romanticismo del XIX secolo, riguarda un insieme di cittadini che condividono un’etnia, una lingua o una cultura. Ma nel corso della storia ci sono state molte nazioni che non sono mai state soggetto politico. La nazione ebrea ad esempio. Fino alla costituzione dello stato di Israele la nazione ebrea esisteva come nazione ma non era sovrana.
La caratteristica di una nazione giuridica è la sovranità. E in Spagna abbiamo unità di sovranità. Lo dicono gli articoli 1 e 2 della Costituzione. E questa non è una originalità spagnola, è così in tutte le costituzioni del mondo. Non esiste il diritto alla secessione. Eccetto nelle costituzioni dell’Etiopia e di Saint Christopher and Nevis.
Chiaramente neanche nella mia riforma costituzionale sarebbe previsto il diritto alla secessione”.
In riferimento ai sondaggi che indicano che tra il 70% e l’80% dei catalani vuole il diritto all’autodeterminazione, l’ex ministro Margallo risponde che comunque sia “dubito che qualcuno che vota il PP voglia questo diritto perché consiste nel diritto a far esplodere lo Stato più antico dell’Occidente”.
Il giornalista obietta che questa descrizione del diritto all’autodeterminazione non sia molto accademica suggerendo che invece sia il diritto dei popoli a determinare liberamente il suo posto nella comunità internazionale. Ma per Margallo “se si consente ad un territorio dello Stato se ne vada dopo più di 500 anni di unità significa far esplodere questa unità”.
“Se invece si riformerà la Costituzione per definizione si dovrà sottoporre il testo ad un referendum. Cioè si voterà. I catalani voteranno come il resto degli spagnoli. Potranno esercitare il loro diritto di voto senza nessun problema”.
Alle accuse di poca autocritica il Margallo risponde che errori ce ne sono stati anche da parte del governo spagnolo: “E’ stato un errore non dichiarare anticostituzionale lo Statuto catalano, è stata una decisione di Felipe Gonzales. E’ stato un errore non presentare una revisione totale dello Statuto catalano. Maragall ha commesso un altro errore affrontando una riforma statutaria senza coinvolgere il PP, rompendo la regola del blocco costituzionale. E’ stato un errore opporsi a parti dello Statuto che invece erano contenute in altri statuti. E’ stato un errore aver permesso la celebrazione del referendum consultivo del 2015. E’ stato un errore non aver iniziato un dialogo sui motivi della disaffezione. Mi sembra che ci sia una componente di autocritica importante. Anche raccogliere le firme contro lo Statuto è stato un errore”.
Parlando della sua terra, la comunità valenciana, Margallo afferma che “non è vero che il PP fa politica contro i catalani. Io sono valenciano e nella mia comunità non si è mai fatta politica contro i catalani. Quello che si è fatto è una politica di difesa contro un settore del catalanismo – non maggioritario – che voleva esportare il suo modello anche nella Comunità Valenciana. Ci sono stati movimenti per la difesa dell’identità valenciana nei termini che conosciamo. Ma da parte mia non ho mai pronunciato una parola contro la Catalogna, casomai il contrario.
Ci sono stati settori del PP che” hanno fatto dell’anticatalanismo un’arma politica. “Come ci sono settori castigliani molto anticatalani e ci sono settori catalani molto anticastigliani.
Una parte minoritaria dei valenciani” denuncia costantemente interferenze immaginarie dei catalani. “Ma il problema è kantiano: non è la realtà ma la percezione della realtà. Ci sono settori che percepiscono interferenze catalane a valencia e lo denunciano. Io credo che l’intesa tra Catalogna e Valencia sarebbe molto benvenuta, perché abbiamo problemi comuni. Abbiamo il Corridoio del Mediterraneo, la necessità di cambiare il sistema di finanziamento statale, una politica sull’acqua da condividere. Abbiamo molte più cose che ci uniscono di quante ci separano. Quello che chiediamo è che sia rispettata la nostra identità”.
Sulla prospettiva di prevedere un sistema di federazione tra comunità autonome Margallo risponde che “nella riforma costituzionale che propongo è previsto che il Senato si converta in una camera di cooperazione territoriale. Sarebbe un forum di dibattito tra comunità. Sono previsti accordi di cooperazione tra comunità, mi sembra più che sufficiente. Non capisco ancora bene cosa sia la federazione di comunità autonome, è un concetto giuridico del quale ancora non riesco a capire con precisione quali siano i limiti e quali le conseguenze”.
Sull’internazionalizzazione del processo catalano Margallo afferma che la Generalitat fa appello alla legittimità nel diritto internazionale “con falsità, perché non è vero. Si nascondono dietro il diritto all’autodeterminazione della Carta delle Nazioni Unite e del Patto per i Diritti Civili e Sociali che non dicono ciò che essi sostengono. Stanno facendo un enorme sforzo per ottenere riconoscimento internazionale. Perché uno Stato non è Stato perché lo dice Puigdemont, ma perché altri lo riconoscono. Per questo io mi sono sempre occupato di questo tema. Ho sempre creduto che il mio dovere fosse diffondere le ragioni della Spagna e difendere i catalani che non vogliono essere spogliati del proprio diritto ad essere spagnoli ed europei. Quando sei un socio affidabile, ti aiutano. Ho girato il mondo per spiegare quali fossero gli interessi della Spagna. Devo dire che sono stato ben corrisposto”.
L’ex ministro degli affari esteri spagnolo a questo punto conferma l’esistenza della cosiddetta “Commissione Montserrat”, un tavolo di lavoro governativo per far fronte al separatismo catalano: “Sì, esisteva. Si riuniva tutti i venerdì dal 2011 per analizzare la questione catalana, fondamentalmente nei suoi aspetti di proiezioni all’estero. E ha messo in piedi un report che è stato pubblicato sul sito del ministero e che è stato fatto arrivare a tutte le ambasciate e consolati. Affinché contro la propaganda della Generalitat esistesse anche un racconto che diffondesse le ragioni spagnole. Credo che ha avuto più effetti il nostro”.
Margallo pensa al passato: “Io sono stato deputato costituente, avevamo la sensazione di aver risolto tre dei grandi problemi spagnoli ma uno rimaneva irrisolto. Avevamo risolto il problema militare, il problema religioso e quello sociale. Credevamo di aver inquadrato il problema territoriale ma non era così. Questo mi preoccupava molto. Dice Keynes che non succede mai l’imprevisto ma il non pensato”.
“Bisogna impedire – conclude Margallo – che si celebri un referendum costituzionale, ma bisogna rompere meno piatti possibili perché l’indomani bisogna tornare a parlare”.
“Non ho alcun dubbio sul fatto che Puigdemont voglia arrivare fino alla fine e proclamare l’indipendenza. La differenza tra lui e Mas è che Puigdemont è sempre stato indipendentista mentre Mas era autonomista e poi ha fatto un salto. Il governo spagnolo penso che farà la sua offerta dopo il primo ottobre, nei limiti previsti dalla Costituzione. Quindi il governo non può offrire un referendum di secessione. Ma sono possibili molte altre cose”.
19-09-2017 IL PRESIDENTE CATALANO COINVOLTO IN UNA INDAGINE SULLA SUA GESTIONE DEL COMUNE QUANDO ERA SINDACO DI GIRONA
La Guardia Civil sta perquisendo in questi minuti imprese di Girona in una operazione che potrebbe compromettere la figura di Carles Puigdemont, presidente catalano, per eventuali irregolarità legate alla gestione dell’acqua quando era sindaco di quella città.
Secondo El Mundo il giudice della località catalana, Manuel Marcelo, che sta seguendo le indagini, ha firmato anche documenti per chiedere a vari consiglieri comunali di presentarsi a dichiarare.
Gli ordini del giudice hanno l’obiettivo di confermare se furono girati più di 15 milioni di euro all’impresa Agissa, aggiudicataria della gestione e della distribuzione dell’acqua potabile. Secondo gli investigatori ci sono “seri indizi” che i fondi siano stati detratti in modo irregolare.
Le ultime novità dicono che l’indagine era in corso da anni ed è mirata a capire se l’impresa mista pubblico-privato ha potuto con il benestare del comune, passare fondi dal pubblico al privato.
Nel frattempo sono in corso varie altre perquisizioni in aziende di spedizione private. Le perquisizioni sono accompagnate da manifestazioni in sostegno del referendum. I manifestanti, pacifici e nonviolenti, espongono manifesti proibiti del referendum e regalano garofani ai membri delle forze dell’ordine.
19-09-2017 PERQUISIZIONE PRESSO UNA COMPAGNIA DI SPEDIZIONE PRIVATA A L’HOSPITALET
Notizia e foto inviate da Maurìtziu Faedda
La Guardia Civil perquisisce una compagnia di spedizione privata nella città di L’Hospitalet
Non si ferma la repressione dello Stato spagnolo in Catalogna, una dozzina di agenti della Guardia Civil sono arrivati questa mattina nel quartier generale della compagnia di spedizione privata Unipost a L’Hospitalet de Llobregat in cerca di documentazione relativa al referendum del primo ottobre.
La ditta ha informato l’agenzia di informazione EFE che gli agenti sono arrivati presso la sede della compagnia alle cinque del mattino, hanno esaminato i furgoni di consegna in cerca di documentazione relativa al referendum sospeso dalla Tribunale Costituzionale.
La Guardia Civil ha sequestrato negli ultimi giorni circa un milione e mezzo di manifesti e volantini di propaganda legati al referendum in diversi luoghi, l’ultimo ieri nella zona industriale di Sabadell.
La impresa che sta subendo la perquisizione questa mattina era stata scelta nella referendum consultivo del 2015 per distribuire le notifiche alle persone che erano state scelte per far parte dei seggi elettorali.
Inoltre si ha notizia che membri delle forze armate hanno visitato anche altri centri Unipost nelle zone di Barcelonès, Vallès e Terrassa.
19-09-2017 “IL COMPORTAMENTO DELLO STATO SPAGNOLO E’ PIU’ DA REPUBBLICA DELLE BANANE CHE DA STATO DEMOCRATICO”. SINDACI VALENCIANI SOLIDARIZZANO CON GLI OMOLOGHI CATALANI
“E’ una questione di democrazia”. Vari sindaci valenciani in sostegno dei loro omologhi catalani: bisogna rispettare la volontà popolare. Secondo quanto riportato da Vilaweb sarebbero in vari i sindaci della comunità autonoma valenciana a solidarizzare con quelli della comunità autonoma catalana.
“Alla fine prevarrà la democrazia”, dice Josep Albert, sindaco di Albaida di Compromis. “Non sto parlando di essere a favore o contro l’indipendenza, la questione ora è poter votare o non poter votare. E i sindaci, che sono stati scelti nelle urne, semplicemente fanno sì che i cittadini abbiano gli strumenti per potersi esprimere. Rispondono alla volontà di buona parte del popolo catalano che vuole votare.
L’immagine dei circa ottocento sindaci chiamati a dichiarare dalla magistratura gli ricorda un’esperienza personale: “ricordo quando sono stato chiamato a dichiarare per fatti che non mi competevano e che anzi erano responsabilità dell’amministrazione del PP precedente alla mia. Ho dovuto affrontare con impotenza ma senza paura la situazione. Immagino che nello stesso modo la affronteranno loro”. D’altronde “se le donne non avessero lottato per la loro libertà, ancora oggi non potrebbero votare. Per cambiare la storia si devono fare dei passi in avanti”.
Concorda con lui Diego Gomez, sindaco di Alzira, di Compromis: “Si tratta di democrazia e di diritti fondamentali”. Vedere tutti i sindaci a Barcellona è stata un’immagine molto potente per la democrazia. Gli ultimi eventi “rendono chiaro che mentre la Generalitat e i partiti a favore del sì hanno fatto di tutto per applicare la loro strategia, da parte del no non vanno oltre un semplice ripetere “legalità, legalità, legalità”.
A titolo personale “come cittadino catalano andrei a votare e darei una mano affinché si possa fare”. Ma “come sindaco, dal Pais Valencià vedo una situazione molto complicata: non bisognava arrivare a questa situazione, bisognava garantire il diritto a decidere con un negoziato politico che non c’è stato per il no del governo centrale. L’unica opzione è superare il conflitto attraverso la negoziazione e il dialogo”.
I sindaci, in sostanza, “non hanno fatto nient’altro che mettersi a disposizione della gente, io avrei fatto la stessa cosa: starei con la volontà del popolo che mi ha votato”. E approfitta per fare una denuncia doppia: “la grave riduzione dei diritti che si sta perpetrando nella comunità autonoma catalana, con chiusura di siti istituzionali, controlli alle tipografie e alle pubblicazioni e la volontà del PP e di Ciudadanos di creare conflitto nel Pais Valencià, con la presentazioni di mozioni parlamentari senza altra finalità che questa”.
“Bisogna avere moltissima serenità e prepararsi al nuovo scenario che si aprirà il giorno 2. Non solo in Catalogna ma in tutto lo Stato”.
Enric Pla, sindaco di Vinaròs, di Podemos, si dichiara totalmente favorevole al diritto a decidere: “con una posizione molto simile a quella della mia compagna Ada Colau”. “Trovo insensato che i sindaci si trovino in una situazione nella quale non avrebbero mai dovuti essere, non si dovrebbe mai considerare un crimine consultare la volontà della gente”. Si dice solidale con i sindaci catalani perché “andare a votare non è mai un crimine”.
Il sindaco di Betxì, di Compromis: “Alla gente piace votare e decidere. Sono cose normali. E consentire il voto è tra le responsabilità e tra i poteri di un sindaco. Non ha senso che si interroghino settecento sindaci per questo motivo. Dobbiamo fargli arrivare il nostro supporto e fargli sapere che qui nel Pais Valencià c’è molta gente che è d’accordo sul fatto che si possa votare”.
Jordi Juan, sindaco di Taverne de la Valldigna inizia la sua dichiarazione con un passo indietro: “E’ ovvio ed evidente che la costituzione del ’78 si è esaurita. Ha fatto il suo lavoro ma ora non serve più. Sul tavolo c’è il problema dei rapporti fiscali tra Stato e comunità autonome, e nel Pais Valencià abbiamo un’autonomia molto penalizzata: siamo gli unici che nonostante siamo poveri paghiamo come i ricchi. La situazione è insostenibile”. Si dichiara a “favore del fatto che i popoli decidano il loro futuro. Il popolo catalano ha motivi più che sufficienti per volerlo fare”.
Chiede ha ci sia dialogo e che lo Stato smetta di agire con modi “più adeguati ad una repubblica delle banane che ad uno Stato democratico. Minacciare i sindaci mi sembra più da dittatura che da democrazia”.
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