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Spagna, attacco alla libertà di stampa. Il quotidiano Gara costretto a pagare 3 milioni.

Il debito indebito con il quale si mette in pericolo la pluralità dell’informazione nei Paesi Baschi.

Lo Stato pretende oltre 3 milioni di euro dal quotidiano Gara per un debito non suo

Solidarietà dal mondo politico, culturale e dal giornalismo internazionale

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Nello Stato spagnolo non solo vengono colpiti i più basici diritti democratici, politici e sociali come in Catalogna ma anche la pluralità dell’informazione e la libertà di stampa sono messe a dura prova. Purtroppo non è una novità. A ricordarcelo c’è l’annuncio del giornalista Iñaki Soto – direttore del quotidiano basco Gara – che in una conferenza stampa tenuta poche ore fa in una redazione intenzionalmente deserta ha annunciato l’accordo tra il giornale, l’editore e lo Stato per il pagamento di un debito di oltre 3 milioni di euro in rate semestrali da mezzo milione ciascuna. Un salasso economico che porterebbe al fallimento la maggioranza delle testate d’Europa.

Ma questo credito vantato dallo Stato non è un credito qualunque, è un debito indebito, frutto di una persecuzione giudiziaria architettata negli anni novanta dal magistrato Baltasar Garzón e poi paradossalmente dichiarata illecita dal Tribunale Supremo.

D’altronde neanche il quotidiano Gara è un quotidiano qualsiasi in quanto si tratta della testata afferente alla sinistra indipendentista basca.

In questo scenario d’eccezione ci addentriamo in una vicenda squisitamente politica giunta al suo ventesimo compleanno nella quale i poteri statali tentano in ogni modo, lecito e non, di attaccare e inibire la libera informazione basca; sia quella bilingue e politicamente schierata, sia quella bascofona culturale e non ideologica.

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Vent’anni

Gli agenti appongono i sigilli alla redazione del quotidiano Egin

Tutto ha inizio nell’estate del 1998 quando Garzón ordina il sequestro e la chiusura del quotidiano Egin e della sua radio Egin Irratìa nonché l’arresto con l’accusa di appartenenza a banda armata di vari responsabili delle aziende editoriali del giornale ritenute sotto controllo di ETA. La legislazione antiterrorista consente di porre in regime di isolamento gli imprenditori e i giornalisti. Si chiude così l’esperienza di Egin (dal verbo basco fare), testata nata nel 1977 nel pieno di quella transizione democratica post-franchista e pre-costituzionale che per molti aspetti sembra non aver ancora attecchito totalmente in tutti gli apparati dello Stato.

La notizia della chiusura di Egin raggiunge il primo ministro José Maria Aznar, ironia della sorte, in Turchia dove si trova in visita ufficiale e dove, stimolato da un giornalista in conferenza stampa, risponde in tono di sfida “pensavate che non avremmo osato?”. Un frase che fa riflettere sullo stato della separazione dei poteri nel Regno di Spagna.

Una prima pagina del quotidiano Egin del 1985

Dopo più di un anno il Tribunale rimodula le accuse declassificandole da appartenenza a collaborazione con banda armata. Il ché rende ingiustificata la chiusura del quotidiano ma nel frattempo la società editrice, già debole e indebitata, è fallita e la sua fetta di mercato è già stata coperta da altri mezzi di informazione.

Nel gennaio 1999 infatti, dopo massicce mobilitazioni sociali e grazie a una imponente campagna di finanziamento popolare, arriva nelle edicole il nuovo quotidiano Gara che in Basco significa noi siamo. Anche questa nuova iniziativa editoriale viene prontamente attenzionata dal magistrato Garzón il quale stabilisce nel luglio 2000 l’esistenza di una “continuità di imprese” tra Egin e Gara ottenendo la criminalizzazione della nuova testata anche grazie alla definizione di una “successione ideologica” tra i due quotidiani, concetto giuridico totalmente aleatorio e inesistente nei codici e nella giurisprudenza ma sicuramente cavillo molto utile e ficcante per l’opinione pubblica spagnola.

Conseguentemente due anni dopo gli enti preposti del Regno, opportunamente stimolati dallo stesso Garzón in opachi incontri preparatori, dichiarano le imprese del quotidiano Gara “responsabili in solido” del debito di Egin che dal 2003 pende come una spada di Damocle sul futuro del nuovo progetto editoriale ipotecandone l’esistenza nonostante la sospensione dei pagamenti.

Imponente manifestazione a Bilbao a favore della riapertura del quotidiano bascofono Egunkaria

Per percepire appieno il clima di repressione culturale generato dallo Stato nei Paesi Baschi vale la pena ricordare che, in parallelo rispetto alla vicenda che stiamo trattando, nel febbraio 2003 il magistrato Juan del Olmo ordina la chiusura e il sequestro preventivo di tutti i beni di Egunkarìa, un altro quotidiano basco che pubblica articoli esclusivamente in Lingua basca, con l’accusa di far parte del conglomerato di imprese controllato da ETA. Furono arrestate 10 persone, per lo più dirigenti del giornale, tra cui i massimi esponenti culturali e linguistici baschi come l’accademico Juan Mari Torrealdài, presidente del consiglio di amministrazione di riviste scientifiche e letterarie e accademico della Real Academia de la Lengua Vasca. La dinamicità del tessuto sociale basco consente di creare e portare in edicola un nuovo quotidiano in Basco sostitutivo di Egunkarìa in appena 24 ore.

Il direttore di Egin esce dal carcere dopo 7 anni di detenzione

Tornando alla vicenda di Egin c’è da attendere un lustro per assistere nel 2007 alla condanna da parte dell’Audiencia Nacional di quattordici responsabili del quotidiano per appartenenza a banda armata. Dodici anni per il direttore Xabier Salutrègi e dieci anni per la sua vice Teresa Toda. Salutrègi viene definito dai colleghi come l’unico giornalista arrestato nell’Unione Europea e sconta sette anni di pena recuperando la sua libertà solamente nel 2015 nonostante nel 2009 il Tribunale Supremo spagnolo riconosce che la chiusura del quotidiano Egin è stata illecita in quanto la sua attività giornalistica non può essere definita illegale. Da questo momento ha inizio l’amministrazione giudiziaria di Egin che porta alla perdita di tutto il patrimonio del giornale. Infine, nel marzo 2018, l’Archivio Storico della Comunità Autonoma Basca riscatta l’emeroteca del quotidiano per impedire l’evidente rischio di perderla per sempre.

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La situazione attuale

Siamo all’oggi. Mercoledì 30 gennaio 2019 Iñaki Soto, direttore di Gara, accompagnato da quattro tra responsabili editoriali e caporedattori, annuncia in conferenza stampa l’accordo raggiunto con gli enti statali per il pagamento del debito di Egin: più di tre milioni in rate semestrali da 500 mila Euro, “più della massa salariale annuale del giornale”.

Pur rimarcando l’ingiustizia di questa spoliazione economica di un progetto editoriale sano e dinamico il direttore spiega che si è preferito un sopruso alla chiusura del giornale per non mettere a rischio disoccupazione oltre 200 lavoratori, per non consentire un attacco alla libertà di stampa e per non perpetuare il trauma psicosociale di ulteriori testate giornalistiche basche chiuse per mano della Giustizia. La solidarietà auspicata dal direttore di Gara non si è fatta attendere.

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Il giornalismo

Le maggiori firme del giornalismo basco, catalano e galiziano ma anche alcune importanti figure dell’informazione spagnola, francese e messicana hanno pubblicato e sottoscritto il manifesto Gararèkin Elkartasùna [Solidarietà con Gara] nel quale si afferma la “solidarietà ai colleghi di Gara in difesa del loro diritto a fare giornalismo senza ostacoli ulteriori rispetto a quelli” che già presuppone questo lavoro. I sottoscrittori lamentano che nel 2019 “non dovrebbe essere oggetto di preoccupazione il rischio del fallimento di un quotidiano come conseguenza di una persecuzione giudiziaria che dura da due dècadi. Egin fu chiuso in modo illegale nel 1998, secondo quanto riconosciuto anni dopo dal Tribunale Supremo. Pensiamo che addossare ora il suo debito a Gara è assurdo e punisce ingiustamente questo mezzo di informazione e i suoi lavoratori. Vogliamo appoggiare la libertà di stampa e la pluralità. Noi giornalisti abbiamo già abbastanza problemi attuali e sfide future per poterci permettere ulteriori preoccupazioni per i fantasmi del passato”.

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Istituzioni e partiti

Anche dal mondo politico e istituzionale basco sono arrivate prontamente le dichiarazioni di solidarietà con il quotidiano Gara, ben oltre l’ambito politico prettamente autonomista e indipendentista. Addirittura la segretaria dei socialisti unionisti Idòia Mendìa afferma che “l’esistenza di mezzi di comunicazione riconoscibili, diversi e plurali è fondamentale in una democrazia consolidata”.

La portavoce del Governo della Navarra, Maria Solana, sostiene che “si sta perpetuando l’attacco alla libertà di espressione e di stampa iniziato con la chiusura di Egin, dichiarata illegale dal Tribunale Supremo. È un controsenso giuridico”.

Il portavoce del Governo della Comunità Autonoma Basca, Josu Erkorèka, afferma che “in molti non capiamo la decisione che è stata presa su Gara dai famosi giudici che ci hanno portato a situazioni incomprensibili fatte di eccessi e di abusi come la chiusura di un mezzo di comunicazione, violando chiaramente il diritto alla libertà di espressione, di informazione e di comunicazione”.

Anche gli esponenti dei partiti di area indipendentista e autonomista si sommano al coro di solidarietà nei confronti di Gara: da Andoni Ortuazar del Partito Nazionalista Basco che parla di “ingiustizia e di arbitrarietà che mettono in pericolo la pluralità editoriale e informativa nonché i lavoratori” ad Arnaldo Otegi di EH Bildu secondo il quale “bisogna lanciare un messaggio che vada oltre il presente e si apra al futuro per contrapporsi a coloro i quali ci vogliono incastrati nel passato e regrediti ad ogni livello, politico, economico e culturale. Torneremo a dimostrare che siamo una comunità nazionale matura, responsabile, impegnata e cosciente che non permetterà a nessuno di rubarci il progetto possibile di costruire un paese più giusto, più colto e più libero”.

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“Avanti così”

La prima pagina di Gara del 31 gennaio 2019

La prima pagina di Gara del 31 gennaio 2019, stampata simbolicamente in bianco e nero, imita un necrologio dal titolo “Una rapina che impoverisce il Paese”. Nel breve editoriale leggiamo “l’eredità avvelenata di Garzón e Aznar colpisce il nostro futuro e la pluralità informativa nei Paesi Baschi. Affronteremo questo duro colpo senza smettere di guardare avanti, convinti della necessità di questo progetto. Chiediamo appoggio sociale e copertura istituzionale. Chiudere non è tra le nostre opzioni. E l’impegno con il Paese e con i nostri lettori non è in discussione. Avanti così”.

Nel frattempo l’hashtag #ExpolioGARA dilaga nelle reti sociali, condiviso e proposto da cantanti, attori, scrittori, giornalisti e sportivi che non smettono di postare messaggi di appoggio al quotidiano e in difesa della libertà di stampa. Un diritto in pericolo.

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Fonti: Gara, Naiz, El Nacional, El Mundo, ABC, sabemos.es, Revista de Estudios Politicos, Pepe Rei e Edurne Martin (Egin investigación: otra forma de periodismo, Txalaparta 1998), Berria, El Pais, gararekinelkartasuna.eus, Ara, EiTB, La Vanguardia, El Confidencial, El Independiente.

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